Il Pd ai piedi di Grillo

A meno di 48 ore dai risultati elettorali che consegnano all’Italia un elevato rischio di ingovernabilità e una frammentazione parlamentare forse insanabile, il Pd rompe gli indugi e lascia intendere di essere disposto a tutto pur di entrare nella stanza dei bottoni di Palazzo Chigi. A lanciare un ramoscello di Ulivo nei confronti del M5S di Beppe Grillo, percepito fino a ieri come il simbolo dell’antipolitica ed ora elevato al rango di statista, è stato in prima persona il segretario Pierluigi Bersani, durante un’affollata conferenza stampa.

Consapevole della cruda realtà dei numeri parlamentari, Bersani aveva solo due soluzioni. Escluso dai giochi Mario Monti, condannato dagli elettori all’irrilevanza politica, non rimane che accordarsi con il Pdl di Berlusconi per un governissimo, oppure mettersi l’anima in pace e virare verso il programma grillino per ottenerne la fiducia. Esclusa di netto la prima ipotesi -pena l’impiccagione di tutto l’inguardabile gruppo dirigente Pd a piazzale Loreto- l’unica soluzione per il partito che “non ha vinto le elezioni” (Bersani dixit), ma che riceverà l’incarico di formare il governo da Napolitano, è quella di aprire a Grillo. Si parla persino della concessione della presidenza della Camera al M5S.

 

Bersani usa tutta la sua abilità politichese per tirare in mezzo i grillini: “So che fin qui hanno detto ‘tutti a casa’, ora ci sono anche loro, o vanno a casa anche loro o dicono che cosa vogliono fare per questo paese loro e dei loro figli”, puntando tutto sul senso di responsabilità che il primo “partito” italiano ha nei confronti dei cittadini che gli hanno dato fiducia. E poi lancia il suo mini-programma in “quattro titoli”: “Riforme istituzionali, la riforma della politica e dei suoi costi, la legge sui partiti e una moralità pubblica e privata”. Se non fosse Gargamella in persona a parlare sembrerebbe di ascoltare un comizio del tribuno genovese. Potere della democrazia che costringe la casta, fino a ieri baldanzosa ed autoreferenziale, a gettarsi ai piedi dell’odiato Grillo pur di sopravvivere.

Grillo aveva ragione: “Entreremo in parlamento e lo apriremo come una scatoletta di tonno. Li costringeremo a non rubare”. Nascosto dietro un paio di Ray-Ban, ma visibilmente raggiante, in mattinata il nuovo protagonista della politica italiana aveva prima tagliato corto su un possibile inciucio di governo tra Pdmenoelle e Pdl. Circondato dalle pressanti domande di un esercito di giornalisti, il guru a 5Stelle non aveva però escluso un appoggio al Pd “legge per legge, qualora ci siano delle proposte convergenti”, come ad esempio il No al Tav, la legge sul conflitto di interessi (compreso il trust Pd-Mps), la tassazione dei ricavi delle slot machines per trovare i fondi per il reddito di cittadinanza e per le piccole e medie imprese.

Una medicina forse troppo amara da bere per Bersani che, infatti, ha voluto replicare con un “Certo, tema per tema è apprezzabile ma anche piuttosto comodo”, paventando anche l’impossibilità di convergere con Grillo sulla possibile uscita dell’Italia dall’euro. Non conviene comunque al segretario alzare troppo la voce perché, accettata la necessità di doversi presentare da Grillo col cappello in mano per tutta la legislatura, per il Pd diventa necessario convincere il M5S a votare la prima fiducia al senato, passaggio burocratico inevitabile, ma che i grillini potrebbero per coerenza non accettare, a meno di clamorose concessioni al loro programma.

Un grattacapo per Bersani che, tentato dalle dimissioni a caldo dopo la clamorosa debacle, rischia adesso di vedersi ricrescere una folta chioma sulla testa a causa dello stress da grillismo acuto. Il terrore per l’ipotesi di governo Grillo-Bersani si è esteso anche al Pdl, salvato da Berlusconi ma ora ostaggio di Grillo. La paura è così tanta che il segretario Alfano ha dovuto farsi avanti proponendo a sua volta, udite udite, un mini programma che sa tanto di 5Stelle: “Meno tasse, più lavoro, riduzione del numero e degli stipendi dei parlamentari, eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti”. Allora è vero che c’era un Grillo in tutti loro.

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