Procura Nazionale Antimafia: corsa a due tra Roberti e Alfonso

Il Consiglio Superiore della Magistratura non è riuscito a trovare un accordo sul nome del nuovo Procuratore nazionale antimafia. La V Commissione del supremo organo del potere giudiziario, riunitasi lunedì scorso a Roma, era infatti chiamata ad eleggere il successore di Pietro Grasso, asceso dopo le elezioni di febbraio alla poltrona di Seconda carica dello Stato, quella di presidente del Senato. Dopo una lunga ed estenuante seduta, alla fine la montagna ha partorito il topolino: la scelta di uno dei quattro candidati viene rimessa al Plenum del Consiglio. E così, anche in magistratura, comincia ad andare di moda l’arte del rinvio che sta facendo furore nel governo Letta.

L’accordo non si trova come su Iva, Imu e F-35? E allora meglio posticipare a data da destinarsi le decisioni che contano. In realtà, anche l’amministrazione della Giustizia subisce da anni una spartizione da manuale Cencelli da parte della casta politica. Ecco spiegato il motivo della mancata elezione del nuovo Procuratore antimafia: destra e sinistra, o meglio, Pdl e Pd, non hanno trovato l’accordo sul nome. Come già accennato, i nomi comparsi sul dossier affidato a Palazzo dei Marescialli sono 4. I membri della commissione erano invece 6, logicamente non in grado di esprimere una preferenza in completa autonomia. Al procuratore di Salerno, Franco Roberti, sono andati 2 voti, quelli “di Sinistra” dei togati di Area, Paolo Cassì e Franco Cassano.

 

All’altro favorito della vigilia, il procuratore di Bologna Roberto Alfonso, è andata invece la fiducia di Antonello Racanelli di Magistratura indipendente (spostata a Destra) e di Filiberto Palumbo, cosiddetto “laico” del Pdl. Una preferenza ciascuno, infine, se la sono portata a casa  il procuratore di Tivoli, Luigi De Ficchy, e il procuratore di Messina, Guido Lo Forte (il laico del Pd Guido Calvi si è espresso in favore del primo, mentre il rappresentante di Unicost, Riccardo Fuzio, ha votato per Lo Forte). La nomina in un posto chiave nella lotta alla criminalità organizzata, fondamentale quindi per la tenuta democratica del paese, viene così ridotta da una scadente e corrotta classe politica alla solita guerra per bande, fatta di agguati e di continui capovolgimenti di fronte.

Adesso la palla passa nelle mani del ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri, la quale dovrà esprimere il proprio parere (non certo vincolante) sulle motivazioni del rinvio della votazione. Sarà poi il Plenum del Csm a prendere la decisione finale. Insomma, la spinosa questione rischia seriamente di trascinarsi fino all’autunno, visti i tempi ristretti prima della pausa estiva e della scadenza della Commissione incarichi direttivi, prevista per il 31 luglio. Le uniche date possibili sarebbero domani (mercoledì 17 luglio), oppure il 24 e il 30 dello stesso mese. L’ennesimo scontro Pd-Pdl ha coinvolto anche il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, spesosi invano per sollecitare la nomina. Il pensiero di tutti è infatti rivolto alle roventi polemiche che seguirono nel 2005 alla “vittoria” di Pietro Grasso su Giancarlo Caselli, messo fuori gioco con una legge contra personam, poi dichiarata incostituzionale quando era già troppo tardi.

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