Le ripetute ed incontrollabili crisi isteriche che hanno colpito i più alti rappresentanti del Potere capitalistico e bancario che da Bruxelles (e Washington) soffoca i popoli europei dentro a quel sistema iniquo chiamato Unione Europea, rappresentano la prova inconfutabile che la Brexit è stata una scelta giusta. Nonostante la massiccia, monodirezionale e terroristica campagna mediatica e politica messa in atto dai servi del Capitale brussellese, che pronosticavano, e si augurano tuttora, il crollo dell’economia britannica in caso di uscita dalla prigione UE, la maggioranza del popolo di Sua Maestà, la regina Elisabetta II, ha scelto senza dubbio di riprendersi la propria libertà di autodeterminazione, mollando per sempre al suo destino la piovra burocratica e vampiresca di una Unione Europea nata senza anima e attratta solo dall’odore dei soldi.
La boria e la frustrazione mostrate dal presidente della Commissione Europea -quel Jean Claude Junker che, invece di vergognarsi e pagare per lo scandalo LuxLeaks (e di rispondere alle fondate accuse di essere un alcolizzato), ha ancora il coraggio di presentarsi in pubblico per minacciare la perfida Albione- sono uno spettacolo impagabile che segna la fine di un’epoca. Per non parlare del terrore e dello sgomento apparsi negli sguardi della cancelliera tedesca Angela Merkel e dell’impresentabile presidente francese Jean Francois Hollande (detestato in patria ancora prima della loi travail, il jobs act in versione transalpina), costretti per disperazione e carenza di inglesi a far finta di cooptare nel mesto direttorio UE quel pagliaccio politico di Matteo Renzi. Lo stesso presidente del Consiglio italiano (mai eletto dal popolo e recentemente bastonato alle elezioni amministrative) che, da buon provincialotto dello Stivale, ha provato subito, furbescamente, a sfruttare la Brexit per ottenere uno sconticino e un occhio di riguardo per le disastrate finanze italiane. Risultato: una pubblica e umiliante tirata di orecchie ricevuta da Angelona durante l’ultimo vertice europeo.
Rimanendo in casa nostra, manca lo spazio per elencare i nomi dei tanti professionisti della poltrona e delle prebende (da Romano Prodi a Mario Monti, passando per quell’inossidabile complottista di Giorgio Napolitano) che hanno preso in ostaggio gli schermi televisivi per spiegarci quanto siano stati stupidi e ignoranti quei bifolchi di contadini e operai britannici che con il loro dannoso diritto di voto hanno compromesso il futuro di milioni di giovani figli di papà, londinesi ed europei, costretti da oggi in poi a perdere il loro prezioso tempo per mostrare un documento di identità alle trinariciute guardie di confine. Un modo di ragionare talmente elitario e arrogante da ridestare persino l’addormentato popolo italiano, fino a ieri drogato a calcio e cazzate dalle tv di Regime.
La Brexit, comunque sia, non rappresenta un fulmine a ciel sereno all’interno di un sistema politico-economico valido ed efficiente. La rabbia britannica contro Bruxelles è lo specchio della immensa crisi sociale che sta falcidiando il mondo e soprattutto l’Europa ai tempi della globalizzazione. Dimostrazione in salsa italica ne è stata la cosiddetta Renxit che gli italiani hanno messo in atto nel voto di domenica 26 giugno quando hanno inviato un bel ‘ciaone’ al renzismo. Le bugie dell’Italia che è ripartita, degli 80 euro, dei milioni di posti di lavoro piovuti con il jobs act si sono rivelate per quello che sono e la ‘ggente’, disperata, ha deciso che non ne vuole più sapere del Bomba di Rignano e della combriccola di sanguisughe e banchieri (praticamente due sinonimi) che lo dirige dall’esterno. Morale della favola, dunque, è che non è vero che, come ci ripetono a reti unificate i burattini della finanza internazionale con il complice servilismo di giornalisti prezzolati, senza Euro e senza Ue gli europei siano avviati verso la catastrofe. Anzi, al contrario, il voto inglese, che ha così sorpreso e intimorito il Potere costituito, rappresenta una occasione di riscatto e di rilancio per una visione del mondo che non sia solo quella tecnicistica e creatrice di disuguaglianze. Distruggere (per ricostruire in modo più equo) l’Europa delle banche non è più un tabù.